Vangelo del giorno, 13 luglio: la via autentica dell’amore

Nel Vangelo del giorno del 13 luglio ci troviamo davanti a una parabola che non smette di provocare la coscienza, smascherando i falsi alibi della religiosità e indicando la via autentica dell’amore.

Evangelio del día 13 de julio
Evangelio del día 13 de julio – LaluzdeMaria

Quella che ci troviamo di fronte, con il Vangelo del giorno del 13 luglio, è una risposta di Gesù senza eguali. Quando uno dei dottori della legge gli si propone con fare provocatorio, il Cristo offre una risposta che è molto più di un insegnamento. Il Vangelo si apre con una domanda: “Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. È un quesito grande e sincero, ma, come sottolinea l’evangelista Luca, nasce con l’intenzione di “mettere alla prova” Gesù. In altre parole, non è una richiesta che nasce dal cuore, ma dal desiderio di discutere, di misurare l’interlocutore. Gesù, però, non si sottrae: risponde con una controdomanda e rimanda l’interlocutore alla Scrittura, con un invito a leggere con intelligenza e responsabilità. La risposta del dottore, amare Dio e il prossimo, è esatta. Ma è proprio sulla seconda parte, l’amore del prossimo, che si apre un ulteriore confronto.

Vangelo del giorno, 13 luglio: il prossimo

Dal vangelo secondo Luca – Lc 10,25-37
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
Quella che si percorreva tra Gerusalemme e Gerico era una strada molto pericolosa. Si tratta di un percorso in discesa, isolato, dove era facile cadere vittima di aggressioni. Nella parabola, un uomo viene assalito dai briganti e lasciato mezzo morto. Due figure religiose, un sacerdote e un levita, lo vedono ma passano oltre. Ciò che rimane è che, per qualsiasi motivo, non si fanno “prossimi”, ma guardano e passano.

Ciò che salva

Poi, l’arrivo del Samaritano. È proprio lui che si ferma, si prende cura del ferito, fascia le sue ferite, lo carica sulla cavalcatura, paga per lui. Gesù capovolge le attese: il vero prossimo non è qualcuno che ci è vicino per sangue, religione o legge, ma colui che si fa vicino. Il centro della parabola è la compassione, il verbo del cuore che ci spinge ad agire. Il Samaritano non solo prova compassione, ma agisce concretamente, fino a pagare di tasca propria.

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